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CAPITOLO 1

La genesi del tracciato.

Uno dei circuiti che, nel mondo, evocano più suggestioni e fanno correre maggiormente la fantasia è, sicuramente, il Nurburgring. Forse per l’atmosfera di mito che lo avvolge, forse perché è difficile trovare una pista con le sue stesse caratteristiche, forse perché alcune tra le pagine più belle della Formula 1 si sono scritte lungo quelle 173 curve… Eppure, nello stesso paese, immerso nella foresta della provincia di Stoccarda, era sorto un tracciato che – senza tema di smentite – può essere definito “il piccolo Nurburgring”. Era il circuito di Solitude.

Era. Ora non esiste più, almeno nell’accezione di circuito permanente o semi-permanente. Le strade pubbliche che univano alcuni paesi a Stoccarda, dopo l’accordo tra lo Stato di Baden-Württemberg, lo Stato Capital Stuttgart, la contea di Leonberg e la sezione dell’Automobil Club dell’ADAC-Gau Württemberg, divennero – tra il 1952 ed il 1956 – una pista per i test e le gare, sia automobilistiche che motociclistiche.

Ma non fu nel 1952 che iniziò la storia di Solitude, il cui nome deriva dal castello di Schloß Solitude situato due chilometri più a nord della zona di partenza, e non fu il 1956 l’ultimo anno di attività del tracciato.

Già tra il 1903 ed il 1905, le strade di Solitude furono il teatro di alcune corse in salita. Nel 1924, invece, si tenne la prima gara ufficiale, su un circuito semi-permanente. La configurazione originale del tracciato misurava 22.3 km, ma nell’anno successivo si pensò di ridurre il chilometraggio. Quest’ultimo fu portato ad 11.4 km nel 1930.

CAPITOLO 2

Un entusiasmo incontenibile.

E proprio i 11.417 metri della pista ospitarono, dopo la seconda guerra mondiale, molte edizioni del Gran Premio di Germania di motociclismo ed alcune gare di Formula 1 non inserite nel campionato. L’entusiasmo che i tifosi tedeschi dimostravano per questi appuntamenti era enorme, tanto che alcuni eventi fecero registrare una presenza di oltre mezzo milione di spettatori!
La media di persone che accorrevano a vedere le gare che si disputavano su Solitude era di circa 288.000 spettatori, molti dei quali probabilmente vi arrivavano a piedi dalla vicina città di Stoccarda.

D’altronde, piloti del calibro di John Surtees, Wolfgang Graf Berghe von Trips, Dan Gurney, Jack Brabham o Jim Clark ebbero modo di mettere in mostra il loro talento sfidandosi lungo il tracciato.

Quando non era teatro di gran premi, Solitude veniva utilizzata sia dalla Mercedes che dalla Porsche (entrambe le case, infatti, hanno sede a Stoccarda) ma anche dalla NSU, la più grande fabbrica di motocicli al mondo negli anni 50.

Anche le Formula 1, come detto, furono protagoniste su questo tracciato, disputando quattro gran premi – tra il 1961 ed il 1964 – non inseriti però nel campionato. La prima edizione, tenutasi nel 1961, vide il successo di Innes Ireland su Lotus 21 spinta dal motore Climax, mentre quella successiva del 1962 fu vinta da Dan Gurney, su Porsche 804.

L’edizione del 1963 vide l’affermazione di Jack Brabham su Brabham BT3 motorizzata Climax, ma la gara ebbe un gran protagonista in Jim Clark che, dopo aver conquistato la pole position, siglò il giro più veloce della corsa con la sua Lotus 25. Fu proprio Clark a trionfare nell’ultima gara che si disputò a Solitude, a bordo di una Lotus 33 Climax. Furono suoi anche la pole position ed il giro più veloce.

CAPITOLO 3

Il fratello veloce del 'Ring.

Solitude, come detto, poteva essere considerato “il piccolo Nurburgring”. E’ curioso infatti notare come gli 11.417 chilometri lungo cui si sviluppava il circuito, siano esattamente la metà dei 22.835 metri che misurava la Nordschleife dopo l’aggiunta della chicane Hohenrain, nel 1967.

Ma non erano solo numeri quelli che accomunavano Solitude al Nurburgring. La Hedersbach Kurve, per esempio, è un tornante in salita che ricorda da molto vicino l’Ex-Muhle. Nel tratto conosciuto come Elend, invece, la pista si inerpica con una pendenza del 15%, proprio come il famosissimo passaggio Quiddelbacher Höhe – Flugplatz del ‘Ring.

Solitude, come il ‘Ring, esigeva rispetto. Era un circuito velocissimo, molto impegnativo, con curve da affrontare a gas spalancato alternate ad altre più lente, salti e variazioni altimetriche che davano vita a salite o discese molto ripide.
Phil Hill, addirittura, lo trovava più difficile da memorizzare rispetto allo stesso Nurburgring… La sequenza di 10 curve a sinistra ed otto a destra, nel tratto immerso nella foresta poco prima del traguardo, lo mandava letteralmente in tilt. E non era l’unico ad incontrare dei problemi, dal momento che le curve, pur sembrando identiche tra loro, differivano in maniera considerevole per l’angolo e la lunghezza.

Pur offrendo ai piloti maggior respiro nei confronti del circuito dell’Eifel, Solitude non concedeva sconti a coloro che lo affrontavano con sufficienza. Le vie di fuga erano praticamente inesistenti e gli alberi accompagnavano a bordo pista i piloti per lunghi tratti. Fu anche questo uno dei motivi che portarono all’abbandono della pista.

CAPITOLO 4

Un rivale imbattibile.

L’ultima gara disputata sul circuito di Solitude è datata 1965. La pista venne abbandonata principalmente per motivi di sicurezza, sia per i piloti che per gli spettatori: non c’erano vie di fuga, c’erano invece – come detto – molti alberi in prossimità del manto di asfalto.

Gli spettatori assistevano agli eventi tra gli alberi e sulle colline, mentre c’era una sola tribuna in prossimità del rettilineo di partenza. Per gli organizzatori, controllare tutti gli spettatori era dunque molto difficile, basti pensare che il programma ufficiale della gara del 1962 conteneva ben 4 pagine di raccomandazioni, regole e leggi che il pubblico era obbligato a rispettare.

Il circuito permanente di Hockenheim, molto più sicuro, ricostruito dopo che lo sviluppo della nuova autostrada A61 lo tagliava praticamente a metà, rimpiazzò la pista di Solitude, tanto che alcune tra le prime gare disputate ad Hockenheim avevano come denominazione “Gran Premio di Solitude”.

Il circuito di Hockenheim fu disegnato da John Hugeholtz ed aveva alcune similitudini con Solitude, quali i lunghissimi e velocissimi rettifili nella foresta, l’anfiteatro noto come “Motodrome” che proiettava i piloti all’interno di una sorta di stadio un po’ come i tratti a Büsnau e Schatten.

CAPITOLO 5

Solitude oggi.

Essendo composto da strade aperte al traffico, ancora oggi è possibile percorrere gran parte della pista di Solitude, sebbene vi sia l’obbligo di rispettare i limiti di velocità, fissati – a seconda dei tratti – in 60 oppure 80 km/h.

Si possono ancora oggi notare la torre ovale chiamata “Zeitnehmerhaus”, con gli sponsor Mercedes e Bosch che fanno ancora bella mostra di loro, così come i box, sulla parte destra della strada.

Seguendo il senso di marcia antiorario, si può transitare alla Seehaus Kurve, una piega a sinistra che precede l’Hotel Glemseck, punto di ritrovo per i motociclisti che si divertono a ripercorrere questi tratti. Si entra quindi subito nel bosco con il già citato Hedersbach Kurve, un tornante destrorso in salita, molto tecnico e difficile. La rampa che inizia con questa curva ha una pendenza notevole, attorno al 15%.

Una volta passato Frauenkreuz, la pista prosegue sulla sinistra e proietta i piloti verso una discesa molto ripida, con una pendenza media dell’11%, che termina solo quando ci si ricongiunge con la strada statale a Dreispitz.

Il tratto di strada, sempre immerso nel bosco, prosegue sempre in discesa, ma la pendenza è ora minore. Anche qui, lunghissimi rettilinei (sembra di transitare sul Döttinger Höhe) sono spezzati da curve molto veloci ed insidiose.

CAPITOLO 6

Inconciliabile con la F1 moderna.

Il paese di Büsnau, accoglieva (ma accoglie tutt’ora) i piloti con una staccata decisamente impegnativa, in discesa, per affrontare il tornante “Hotel Schatten Hairpin”. E’ facile immaginare perché quella curva abbia assunto quella denominazione…

La pista prosegue ancora in discesa, con una curva a sinistra che porta verso Schattengrund che precede, dopo una stretta curva a sinistra, il tratto noto come “Mehdental Valley” con il torrente Glems alla sinistra e le colline a destra.

Questo è il tratto, lungo 4 chilometri, che faceva impazzire Phil Hill. Come detto, è facile capire il perché. Curve insidiosissime, da affrontare controllando la vettura in sovrasterzo in uscita, apparentemente simili tra di loro, eppure così diverse. Gli alberi che fanno bella presenza di loro su entrambi i lati della pista, oltretutto, non permettevano al pilota punti di riferimento facilmente distinguibili.

Una volta usciti dal tratto di bosco finale, si viene catapultati nell’ultima curva, proprio a ridosso dell’unica vera tribuna del circuito. Un po’ come nel Motodrom di Hockenheim, quella pista che – con la sua nascita – ha sancito la fine di Solitude.

Ed il fatto che anche Hockenheim sia stato ridisegnato, cancellando i lunghissimi rettilinei che lo rendevano unico ma al contempo simile a Solitude, è un segno evidente di come questa pista non avrebbe mai potuto trovare un posto nella Formula 1 moderna.

La monografia soprastante è stata scritta in esclusiva per FormulaZero e non può essere copiata, duplicata, replicata o modificata senza il previo consenso dell'autore.
Luca Giraldi
Per FormulaZero

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