CAPITOLO 1

La scommessa di Enzo Ferrari.

“Villeneuve con il suo temperamento, conquistò subito le folle e ben presto diventò… Gilles!
C’è chi lo ha definito “aviatore” e chi lo valutava svitato, ma con la sua generosità, con il suo ardimento, con la capacità “distruttiva” che aveva nel pilotare le macchine macinando semiassi, cambi di velocità, frizioni, freni, ci insegnava cosa bisognava fare perché un pilota potesse difendersi in un momento imprevedibile, in uno stato di necessità.
E’ stato campione di combattività e ha regalato, ha aggiunto tanta notorietà alla Ferrari.
Io gli volevo bene…”

Enzo Ferrari lo vedeva così, Gilles Villeneuve. Per il popolo ferrarista, il giovane pilota canadese invece era un mito, un pilota che regalava emozioni ad ogni suo controllo di vettura, un uomo in grado di mandare in estasi anche chi guardava la Formula 1 distrattamente.

Gilles Villeneuve era questo: una sintesi perfetta tra le caratteristiche che contraddistinguevano grandi piloti del passato, primo tra tutti Nuvolari.
Villeneuve era un pilota che non sapeva cosa fosse la paura, che si divertiva a superare i limiti e a spingerli sempre più avanti, che anteponeva il suo cuore, il suo coraggio, il suo talento, alle carenze tecniche della macchina. Un corridore che aveva un modo tutto suo di gareggiare, irruento, spettacolare, audace, eccessivo a volte, ma con un solo, unico, obiettivo: vincere.

Eppure l’arrivo di questo canadese, nato a Chambly il 18 gennaio 1950, fu accolto dagli addetti ai lavori con molto scetticismo; si chiedevano, i giornalisti, se il vero motivo per cui Enzo Ferrari aveva chiamato alla sua corte questo giovane pilota – che aveva alle spalle una carriera sulle motoslitte ed un gran premio con la McLaren, a Silverstone, durante una prova non valida per il mondiale – non fosse quello di dimostrare che sulle sue monoposto chiunque sarebbe stato in grado di vincere, anche senza chiamarsi Niki Lauda. L’austriaco infatti, se ne era bruscamente andato da Maranello ed il panorama dei piloti di allora era privo di una reale alternativa alla sua altezza. Secondo Enzo Ferrari, invece, quell’uomo dal viso gentile e dal sorriso dolce era la persona giusta per sostituirlo.

CAPITOLO 2

La costruzione di un pilota.

“Quella di Villeneuve fu un’assunzione a sorpresa, che scatenò un plebiscito di critiche, forse giustificate in quel momento. Di Gilles avevo avuto informazioni da un amico che risiede in Canada, da Chris Amon e da Walter Wolf che si era valso di lui per alcune gare nella categoria Can-am. Lo vidi poi in televisione, in corsa a Silverstone su una McLaren. La sua origine era curiosa: idolo delle motoslitte e vincitore del campionato Atlantic. Assunsi la decisione di ingaggiarlo, indotto dalla convinzione che con un’adeguata preparazione è possibile, se esistono predisposizioni e talenti naturali, “costruire” un pilota.”

Da queste parole dello stesso Enzo Ferrari è facile capire come Villeneuve rappresentasse la sua scommessa.

Gli inizi della sua collaborazione con la Ferrari non furono semplici. I pochi giri che poté compiere sul circuito di Fiorano non gli assicurarono la necessaria confidenza con la nuova monoposto, in vista del primo gran premio che avrebbe disputato.

Circuito di Mosport, 9 ottobre 1977. Gilles si qualificò in diciassettesima posizione, poi concluse la gara al dodicesimo posto. In realtà, il canadese non vide mai il traguardo poiché a quattro giri dalla fine si ritirò in seguito ad un testacoda causato da un problema alla trasmissione. Fu solo il primo di una serie di ritiri.

CAPITOLO 3

La rivelazione.

L’inesperienza, così come l’eccessiva audacia di alcune sue manovre, lo resero protagonista di numerosissimi incidenti, alcuni dei quali – purtroppo – anche mortali, come in occasione del Gran Premio del Giappone del 1977, quando la sua 312 T2, dopo un contatto con la Tyrrell di Ronnie Peterson, volò tra il pubblico falciando un commissario ed uno spettatore. Dopo un inizio così drammatico furono molti quelli che battezzarono Villeneuve come uno “sfascia macchine” chiedendone ripetutamente il suo licenziamento. Ma Enzo Ferrari, nonostante ricevesse forti pressioni per sostituirlo, era solito ripetere: “E’ ancora presto per dare un giudizio su di lui. E’ stato sfortunato, ma credo che abbia le qualità per crescere”. E il canadese, che aveva sempre nascosto la sua vera età (tanto che la moglie Joanna ricordava che “Quando ci sposammo io ero più giovane di lui. Quando debuttò in Formula 1 aveva la mia età, quando fu assunto dalla Ferrari ero decisamente più vecchia“), dimostrò ben presto il suo talento ed il suo vero potenziale.

Grazie ad un inverno trascorso a macinare chilometri a Fiorano e Vallelunga, Villeneuve si presentò al via della nuova stagione molto più maturo e “padrone” della vettura. Certo, gli errori non erano ancora del tutto scomparsi, ma la sua 312 T2 numero 12 ora era diventata una presenza fissa nelle prime posizioni, nonostante non fosse affatto la migliore vettura del lotto. Ma, come detto in precedenza, Villeneuve era in grado di ovviare con il suo talento anche alle carenze della sua monoposto.

Circuito di Long Beach, 2 aprile 1978. A bordo della 312 T3, Gilles conquistò la sua prima fila dietro al compagno di squadra Reutemann e, grazie ad una prima parte di gara impeccabile si portò in testa. Avrebbe potuto vincere, il canadese, ma il destino volle che tra sé e la vittoria si ponesse la Shadow di Clay Regazzoni, da doppiare. Uno sbaglio del ferrarista e l’incidente posero fine al sogno di raggiungere il primo successo in un Gran Premio valido per il Campionato del Mondo. La vittoria, tuttavia, non arrivò molto distante.

CAPITOLO 4

La prima vittoria.

Circuito di Montreal, 8 ottobre 1978. Sul nuovissimo circuito di Montreal, ad un anno ed un mese dal suo debutto, Gilles irruppe nei cuori dei tifosi ferraristi di tutti il mondo grazie ad un successo fortemente voluto. Scivolato al via in quarta posizione, il pilota della Ferrari si portò ben presto al secondo posto ed iniziò a battagliare con la Ligier di Jarier fino ad avere la meglio sul francese ed avviarsi verso la vittoria. Quando il direttore di gara sventolò la bandiera a scacchi sulla vettura numero 12, nacque una nuova stella.

Con i suoi occhi vivacissimi ed il sorriso da bambino, ma soprattutto con le sue imprese in pista, Gilles aveva scatenato un po’ ovunque la cosiddetta “Febbre Villeneuve”. Molti si chiedevano perché avesse conquistato così in fretta le folle senza aver vinto nulla di più che una gara; la risposta era semplice: dietro alla sua figura minuta, tanto piccola (era alto 1,56 m) da sembrare debole, si nascondeva un uomo che non conosceva la paura, che dava del tu al rischio, che era animato dalla più ferrea volontà di vincere. Un uomo che faceva volare la Ferrari. Il suo linguaggio era la sfida. Ogni frenata al limite portava un messaggio per i tifosi, ogni derapata era un saluto. Era una sorta di codice non scritto tra lui ed il popolo ferrarista.

CAPITOLO 5

Nasce il mito.

Grazie a delle prove sempre più convincenti, Gilles conquistò la riconferma per il 1979, anno in cui corse al fianco di Jody Scheckter, a bordo della 312 T4. Assieme al sudafricano, che poi si laureò campione del mondo anche grazie al contributo del canadese, Gilles fu lo splendido protagonista di quell’annata grazie ad imprese che rimarranno per sempre negli annali della Formula 1. Nel Gran Premio Usa-West del 1979, disputatasi ancora sul circuito di Long Beach, Gilles compie probabilmente la sua miglior gara in Formula 1, rifilando quasi trenta secondi a Scheckter ed ottenendo addirittura il Grand Chelem. Con questo termine si è soliti indicare la conquista, da parte di un unico pilota, della pole position, del giro più veloce in corsa e della vittoria (ottenuta però rimanendo in testa dal primo all’ultimo giro).

Più che per questa strepitosa vittoria tuttavia, nel 1979 Gilles verrà ricordato per tre epiche gare, quella di Digione, quella di Zandvoort e quella di Monza: nella prima emersero le sue doti di “funambolo”, nella seconda la sua “voglia di non arrendersi mai”, nella terza la “lealtà” dell’uomo Villeneuve.

Circuito di Digione, 1 luglio 1979. Fu questo il momento in cui Villeneuve, da pilota Ferrari, divenne leggenda. Spinte dal motore turbocompresso, le Renault di Jabouille e Arnoux sembravano fuori dalla portata di tutti gli altri piloti. Ma, come detto in precedenza, uno dei punti di forza di Villeneuve era quello di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di percepire il limite della macchina e, quasi irridendolo, scavalcarlo. Fu così che il canadese, nel finale del Gran Premio, diede vita assieme ad Arnoux, ai tre giri più intensi ed emozionanti della storia della Formula 1. Tre giri in cui i due piloti non si risparmiarono colpi proibiti, tre giri in cui i problemi che affliggevano le due vetture (che lottavano per il secondo posto, vista la gara solitaria condotta in testa da Jabouille) sembravano accantonati, tre giri di lotta con il coltello tra i denti ma con il più alto rispetto possibile per l’avversario, tre giri da antologia. Frenate a ruote fumanti, controlli impossibili, ruotate decise, incroci di traiettorie che incollarono sugli schermi milioni di telespettatori. Fu Villeneuve, manco a dirlo, a spuntarla contro la più potente vettura francese. Dopo quel secondo posto, Enzo Ferrari disse: “Credo che la Ferrari abbia un gran pilota”.

Nel libro delle corse, Antonio Tomaini riportava:
“Digione, 1 luglio 1979, temperatura esterna 19/20°C

Al via il più lesto è Villeneuve che dalla seconda fila si porta subito in testa conducendo per i tre quarti della gara ed essere poi agevolmente superato dalla Renault di Jabouille con la vettura decisamente più forte qui a Digione.
La manovra non viene altrettanto bene ad Arnoux, con la seconda Renault, che con la complicità di mancanza a tratti di alimentazione, da luogo ad una spettacolare quanto rischiosa serie di sorpassi alterni con Villeneuve che alla fine riesce a conquistare i suoi meritati sei punti.

CAPITOLO 6

Una nuova dimensione.

Il vibrante duello andato in scena in Francia segnò probabilmente l’inizio di un modo nuovo e diverso di guardare e giudicare le prestazioni di Gilles Villeneuve, non solo e non tanto dai tifosi e dagli addetti ai lavori, ma anche dagli stessi avversari. Gilles, infatti, aveva dimostrato una capacità quasi unica di superare i limiti del mezzo e di trovare nel duello ruota a ruota una dimensione quasi naturale.

Circuito di Zandvoort, 26 agosto 1979. Durante il Gran Premio d’Olanda, la ruota posteriore sinistra della T5 di Villeneuve si afflosciò e, via via, iniziò a distruggersi. Il canadese percorse un giro completo sul cerchione pur di riuscire a rientrare ai box. Non vedendo i meccanici pronti per sostituire la ruota, il canadese iniziò ad urlare e ad agitarsi non rendendosi conto che percorrendo un giro in quelle condizioni aveva in realtà provocato la rottura dell’intera sospensione. Era il chiaro segno della voglia dell’uomo, prima che del pilota, di non arrendersi di fronte alle avversità.

Circuito di Monza, 9 settembre 1979. La gara che dimostrò lo spessore umano e la grande lealtà sportiva di Villeneuve. Pur essendo il più veloce in pista, rispettando gli ordini impartiti dalla scuderia, Gilles coprì le spalle al compagno di squadra Scheckter, consentendogli di conquistare il Titolo Mondiale tra due ali di folla in assoluto delirio.
Alla fine di questa stagione, Gilles fu vice-campione del mondo, a soli quattro punti da Scheckter.

CAPITOLO 7

Più forte delle difficoltà.

Il 1980 fu un anno da dimenticare, ciò nonostante Gilles riuscì a ricavare il massimo (se non di più) dalla 312 T5, vettura però che sembrava un’ombra rispetto alla stessa che aveva dominato il campionato precedente, mentre il 1981 fu anno di transizione per la Ferrari che abbandonò i V12 per passare al motore turbo, montato sulla 126 CK. Una vettura che inizialmente soffrì, come tutti in quegli anni di rivoluzione tecnica che chiedeva a piccoli motori da 1500 cc potenze spaventose. Una monoposto che, comunque, permise a Villeneuve di cogliere due strepitose affermazioni a Montecarlo e a Jarama.

Circuito di Montecarlo, 31 maggio 1981. Nasce il mito della rossa numero 27 grazie ad una gara condotta in maniera superba dal canadese. Su un tracciato del tutto inadatto ad una vettura pesante e per nulla agile come la 126 CK spinta dal motore V6 turbo da 1.5 litri, Gilles compì una gara perfetta e saggia, controllando tutti dalla prima posizione e facendosi beffa degli avversari come Alan Jones che, nelle prime fasi, sembravano irresistibili. Grazie a questo successo che provocò il delirio dei tifosi ferraristi, Villeneuve entrò nella storia come il primo pilota a portare alla vittoria un motore sovralimentato tra le strette e tortuose strade del tracciato cittadino del Principato.

CAPITOLO 8

Il trenino più famoso della Formula 1.

Due settimane più tardi, Gilles firmò un altro capolavoro.

Circuito di Jarama, 21 giugno 1981. Dopo qualifiche tormentate, Gilles partì dalla quarta fila, in settima posizione. Scattando in maniera splendida ed approfittando della partenza totalmente sbagliata di Laffite, che partiva in pole position, il ferrarista piombò ben presto alle spalle di Alan Jones che era in testa. Come a Monaco, quella che sembrava una fuga inarrestabile della Williams ben presto si dissolse in una nuvola di fumo alzata in seguito ad un’uscita di strada. Per Gilles iniziava il primo dei sessantasei giri in testa ad un trenino di vetture che non rinunciava alla bagarre per conquistare il successo: Laffite, in piena rimonta e fortemente motivato a conquistare una vittoria nel suo centesimo gran premio, Reutemann, Watson e De Angelis.

Lungo i 3.312 metri dello scivolosissimo tracciato spagnolo, Villeneuve stringeva i denti il più possibile nella parte lenta e guidata del tracciato e cercava di avvantaggiarsi nel breve tratto rettilineo. Lucido, concentrato, efficace, autoritario, spietato, Gilles riuscì a portare un’altra volta il numero 27 davanti a tutti. Un capolavoro assoluto, se si considera che precedette il secondo di due decimi, il terzo di cinque decimi, il quarto di un secondo ed il quinto, Elio De Angelis, di un secondo e due decimi. Fu la sua sesta ed ultima vittoria in Formula 1.

Nel libro delle corse, Antonio Tomaini riportava le seguenti note:
“Jarama, domenica 21 giugno 1981, temperatura esterna 34°C.

Nelle prove libere del mattino le vetture denotano un comportamento sottosterzante con pieno benzina e pista fresca; viene anche maggiormente tamponato l’anteriore per impedire che le vetture spancino.

Buona partenza per entrambi i nostri con Villeneuve che passa secondo e Pironi ottavo al primo giro.
Villeneuve mantiene bene il contatto con Jones che è primo per una decina di giri dopo di che, per degradazione pneumatici, perde il contatto e viene sempre meno il vantaggio sugli inseguitori. Villeneuve viene a trovarsi primo, per un’uscita di strada di Jones, e nonostante sia circa di un secondo più lento delle vetture che lo seguono, riesce a mantenere la testa fino al traguardo dopo una gara molto tirata e ben controllata, nonostante anche dei problemi di pescaggio”.

CAPITOLO 9

L'aviatore.

Sempre in quell’anno Gilles si guadagnò il nomignolo di “aviatore”, non più in senso dispregiativo, ma affettuoso. Sulla pista dell’aeroporto militare di Istrana infatti, Villeneuve accettò la sfida che lo avrebbe opposto, in una prova di accelerazione, contro un F104 alla guida della 126 CK. L’episodio in sé potrebbe essere relegato anche tra quelli meno importanti, invece va riportato per testimoniare due fatti: il grande attaccamento della gente a Gilles e la sua ossessiva voglia di qualsiasi tipo di sfida.

Per riuscire a primeggiare contro un caccia in grado di superare, in volo, Mach 2, il canadese fece togliere, infatti, tutte le appendici alari dalla sua vettura. Le 100.000 persone accorse per questa esibizione furono deliziate dal canadese con testacoda e piroette spettacolari tra due ali di folla. Assediato dal suo pubblico, al termine dell’esibizione il pilota della Ferrari, scortato dai militari, fu costretto a travestirsi da aviere per sfuggire al calore degli spettatori.

CAPITOLO 10

La grande occasione.

Nell’annata del 1982, Gilles e la Ferrari venivano da tutti candidati come i favoriti per la conquista del titolo mondiale. La 126 C2 progettata da Harvey Postleltwhaite era una vettura decisamente superiore rispetto alle altre, grazie al grande lavoro di sviluppo portato avanti in inverno. Una vettura che rappresentava una vera e propria rivoluzione per la Ferrari che abbandonava la semimonoscocca per adottare un telaio formato da pannelli honeycomb in alluminio incollati tra di loro e rinforzati da centine in fibra di carbonio e kevlar. Dopo un inizio di campionato dove le prestazioni venivano vanificate dalla scarsa affidabilità della vettura, i due piloti, Pironi e Villeneuve (legati da una profonda amicizia) entrarono nel pieno della lotta per il campionato.

Quella del 1982 tuttavia, fu una stagione ricca di veleni, dove la Ferrari del canadese venne anche squalificata a Long Beach (dove aveva concluso terza) a causa dell’adozione di un doppio alettone sulla 126 C2. La soluzione, che non forniva alcun vantaggio aerodinamico, sembrò un regalo fatto ai team inglesi. Proprio questi (ad eccezione della Tyrrell) diedero vita ad una protesta ancor più eclatante nei confronti delle squadre legaliste come Ferrari e Renault, in occasione del Gran Premio di San Marino, quando non si presentarono al via.

Anche se con pochi partenti, la gara fu avvincente vista la competitività dimostrata dalle Renault.

CAPITOLO 11

Il podio più amaro.

Circuito di Imola, 25 aprile 1982. Dopo che sia Prost che Arnoux furono costretti ad alzare bandiera bianca per la rottura del motore (Prost) ed un guasto al turbo (Arnoux), le due Ferrari si trovarono in testa, con Villeneuve in prima posizione. Dai box apparve il cartello “slow” (e, con esso, l’invito a mantenere le posizioni) e fu l’inizio della fine. Il canadese rallentò e fu sorpreso dal compagno che lo superò.

A sei giri dalla fine iniziò la battaglia tra Pironi e Villeneuve.
La Tosa, le Acque Minerali, la Rivazza… Ogni punto era buono per tentare di sopravanzare il compagno di squadra. Proprio le Acque Minerali, coppia di curve a destra che si affrontano dopo aver percorso la discesa che arriva dalla Piratella, furono il teatro in cui si consumò il tradimento di Pironi che conquistò definitivamente la testa della corsa, senza cedere la posizione al compagno di scuderia, come invece volevano gli accordi.

Il volto scuro del canadese, alla fine della gara, non faceva nulla per nascondere la sua delusione, la sua rabbia. Si sentiva tradito, Gilles, da Pironi ma anche dalla squadra. Dichiarò, a fine gara: “Quando Arnoux s’è fermato ho rallentato perché credevo che la battaglia fosse finita. Non avrei mai creduto che lui mi attaccasse, eravamo al limite della benzina e il cartello del box, ‘slow’, mi aveva fatto capire che non era il caso di fare pazzie. Pironi mi ha anche toccato, ha preferito fare di testa sua. Vuol dire che prima avevo un compagno di squadra e adesso ho un avversario in più” ed aggiunse: “Credevo che Didier volesse fare il ‘cinema’ a non fare sul serio. Da metà corsa in avanti potevo dargli un secondo al giro”.

La voglia di rivincita, di sancire che il numero uno era lui, era tanta, troppa. A Zolder Gilles agì impulsivamente.

CAPITOLO 12

Zolder, ultimo atto.

Circuito di Zolder, 8 maggio 1982. Venti anni fa, a prove praticamente concluse, Pironi fece segnare il giro che gli avrebbe consentito di sopravanzarlo in griglia. Non c’era stato un vero e proprio chiarimento con il pilota francese, tanto che Gilles lasciò queste dichiarazioni: “Con Didier la questione è sempre aperta. Ha cercato di venire anche qui in Belgio a parlarmi, ma per adesso non credo di volerlo sentire. Piccinini dice che faccio male, ma io l’ho detto anche a Ferrari, sono veramente arrabbiato con Didier. Loro mi dicono “Vincerai ancora”. Cosa c’entra? A Imola ho perso una corsa che avevo vinto, e questo non c’è niente che possa cambiarlo. In questo mestiere non si può sempre stare ad aspettare domani, bisogna pensare sempre all’oggi”.

Quando Pironi staccò il suo miglior tempo e passò il canadese, Gilles non ci pensò due volte, salì in macchina e scese in pista. Fece un giro, poi un secondo, nonostante le gomme usurate. Ignorava, forse, che stava andando contro ad un destino, un destino questa volta tragico. Ignorava anche che Jochen Mass, che procedeva lentamente rientrando ai box, avrebbe pensato di rimanere sulla parte destra del tracciato. Quando se ne rese conto, la ruota anteriore della sua 126 C2 era già entrata in contatto con quella posteriore della March.

Il suo corpo, protetto dalla tuta bianca ed il suo casco arancione, che tante volte era uscito indenne da incidenti terrificanti, iniziò a volteggiare nell’aria, sbalzato dalla monoposto, fino a terminare la sua tragica traiettoria contro un paletto di supporto delle recinzioni del circuito olandese. Il pubblico, che tante volte lo aveva visto uscire con le sue gambe da incidenti che lasciavano poco spazio alle speranze, trattenne il respiro. L’ultimo, Gilles Villeneuve lo esalò alle 21.52 dello stesso giorno.

CAPITOLO 13

Gilles diventa leggenda.

Villeneuve era un idolo vicino alla gente: era il campione veloce, generoso, che amava vivere lontano dai clamori, vicino ai meccanici.
Con lui uscì di scena qualcosa di più di un semplice grande campione, di un pilota; con lui uscì di scena un mondo antico e ardimentoso di intendere le corse.
Era impossibile non essere dalla parte di Gilles, dalla parte di chi lo amava. Come un cavaliere medioevale, accettava le sfide che gli si ponevano di fronte senza alcun timore e le trasformava in imprese epiche, in successi clamorosi. Parafrasando storici famosi dell’automobilismo, si potrebbe dire che non era lui ad esagerare con le sue imprese, erano gli altri a non avere lo stesso coraggio e lo stesso talento.

Forghieri, ricordando Villeneuve, diceva: “Gilles era una forza della natura, aveva una capacità innata di guidare al limite. E questo è stato il suo limite…” ma anche la caratteristica che, ancora oggi, alimenta il suo ricordo nei veri appassionati.
La Formula 1 ci ha regalato tanti campioni ma pochissime leggende. Gilles è una di queste. Per questo è sempre vivo.

La monografia soprastante è stata scritta in esclusiva per FormulaZero e non può essere copiata, duplicata, replicata o modificata senza il previo consenso dell'autore.
Luca Giraldi
Per FormulaZero

LE STATISTICHE

I numeri curati da Davide Marchi

0
Gran Premi disputati
0
Vittorie
Percentuale vittorie
8.95%
0
Punti ottenuti
0
Pole position
Percentuale pole position
2.98%
0
Km percorsi al comando
0
Giri più veloci
Percentuale giri più veloci
11.94%

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